lunedì 25 marzo 2013

Pedemontana, la storia infinita rischia di fermarsi a Lomazzo


Da qualche mese l’autostrada Pedemontana torna a far parlare di sè. Se dopo decenni di dibattito sembrava che, questa volta, non ci fossero dubbi sulla sua realizzazione, ora, a cantieri aperti e a terreni sventrati, l’incubo è quello dell’insufficiente copertura finanziaria. L’ipotesi che sembra farsi strada, al momento, è quella del «tracciato corto»: le due tangenzialine delle città di Varese e Como e 22 Km di autostrada che collegherebbero l’autostrada A8 con la A9, punto. Un progetto che costerebbe 1,4 miliardi, contro gli oltre 80 Km e 5 miliardi di spesa previsti dal progetto originario, quello che avrebbe portato da Malpensa a Bergamo.
Nel quadrato rosso la prima tratta di Pedemontana: dalla A8 alla A9.
Nel quadrato rosso la prima tratta di Pedemontana: dalla A8 alla A9.
Il rischio dei giorni appena passati è stato di interrompere i lavori, da un momento all’altro, lasciando 1.700 addetti a casa già da fine marzo. Al momento, però, la crisi di liquidità di cui soffrono le casse di Pedemontana S.p.A. sembra essere stata scongiurata nel breve periodo, garantendo l’apertura dei cantieri fino a giugno.
Ma quale è stato il nodo da sciogliere per sbloccare i finanziamenti? Affinché i lavori non si bloccassero era necessario un aumento di capitale di Pedemontana S.p.A. di circa 100 milioni di euro, per il rinnovo del prestito ponte di 200 milioni. La società Pedemontana è detenuta da Milano Serravalle per il 68%, Equiter S.p.A. per il 20% (società di Intesa San Paolo), Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo S.p.A. per il 6% (sempre Intesa San Paolo) e UBI Banca S.p.A. per il 5%. Milano Serravalle ha da subito deliberato l’aumento di capitale per la quota a lei riconducibile (68 milioni), mentre gli altri enti no. A quel punto la stessa Milano Serravalle ha dato la disponibilità per la copertura dei 32 milioni mancanti, a condizione che il Governo intensificasse il prestito pubblico per Pedemontana, «passando subito dalla copertura del 35% dei costi già sostenuti all’80 percento». Milano Serravalle ha quindi versato l’integrazione di 32 milioni, salendo al 79% di Pedemontana.
La copertura finanziaria anticipata dallo Stato per coprire i costi già sostenuti permetterà – molto probabilmente – di completare il primo tratto, la bretella tra A8 e A9, ma «è chiaro – scrive Il Sole 24 Ore - che se le risorse pubbliche vengono erogate in gran parte per il primo tratto, diminuiranno per il secondo», e così via. C’è un piccolo particolare che si spera non influisca sulla realizzazione di questa bretella: la prima tratta di Pedemontana, realizzata da una cordata guidata da Impregilo, si ferma a pochi metri dalla A9, perché l’allacciamento fa parte della seconda tratta, che spetta all’austriaca Strabag.
In tutto questo, come vanno le cose all’interno di Pedemontana? Un articolo de Il cittadino di Monza e Brianza, firmato da Davide Perego, racconta la curiosa gestione della società, a cominciare dai vertici. Da Maurizio Agnoloni, per la precisione, presidente di Milano Serravalle e amministratore delegato di Pedemontana:
A queste due poltrone, già prestigiose e soprattutto remunerative, il 4 marzo scorso ha aggiunto pure quella di presidente di Tangenziali esterne di Milano (Tem), anch’essa partecipata dalla Serravalle (su questa società è aperto un bando per la vendita dell’82,4 per cento del capitale. La gara si chiuderà a luglio ed è stata indetta dopo il fallimento dei precedenti tentativi di cessione, con cui Provincia e Comune hanno cercato di sistemare i propri bilanci.). Insomma, il controllore coincide con il controllato. E i soldi sono, come al solito, quelli di tutti: Agnoloni, con i suoi tre incarichi, prende ogni anno qualcosa come 280mila euro. Premi esclusi, ovviamente.
Ma chi è Agnoloni? E’ un avvocato di professione. Uomo molto vicino al presidente della Provincia di Milano Guido Podestà e amico di Denis Verdini, Agnoloni è stato coinvolto nell’inchiesta Btp-Credito Fiorentino.
Amico di Podestà, si diceva. Più di un amico, forse. Visto che l’inquilino di Palazzo Isimbardi ha affidato proprio allo studio legale Agnoloni la ristrutturazione della holding di famiglia, la «Roly», detenuta all’80% dalla moglie di Podestà, Noevia Zanella.
Dai vertici, alla base – si fa per dire – del carrozzone, dove oltre ai costi del Consiglio di amministrazione (261mila euro nel 2011) e del Collegio sindacale (359mila euro), troviamoconsulenze legali per 114mila euro, «altre consulenze» per 14mila euro, 433mila euro per «collaborazioni e consulenze», 54mila euro per materiali di consumo, 36mila per le telefonate dei dipendenti e 10mila per quelle dei dirigenti. Sempre nel 2011, diminuisce fino ad azzerarsi la voce «Eventi», che nel 2010, ammontava a 537mila euro300mila dei quali spesi per la posa della prima pietra, a Cassano Magnago.
Oramai i ritardi e le difficoltà di Pedemontana sono candidamente ammessi anche dal nuovo presidente della Regione Lombardia, Roberto Maronisecondo il quale «quest’opera non è finalizzata all’Expo, io ritengo plausibilmente che una buona parte dell’opera sarà pronta per il 2015, ma non sarà esaurita nel 2015». Peccato che non fosse così fino a pochi mesi fa, quando il suo predecessore, con il quale più volte è stata ostentata la continuità politica, nel dicembre 2012 dichiarava che «la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali di competenza di Regione Lombardia per Expo Milano 2015 procede senza alcun ritardo [...] Non ci sono problemi né per Pedemontana, né per Brebemi, né per Tem. Alcune di queste opere saranno pronte nel 2013 e nei primi mesi del 2014. Chi verrà dopo di noi dovrà prendere queste opere e rispettare il cronoprogramma fissato tra il 2013 e il 2015».
Se l’ambizione era collegare Malpensa ad Orio al Serio, possiamo ritenerci soddisfatti, calcolando i danni ambientali, della bretella Cassano Magnago – Lomazzo? Risponditore automatico: no.

venerdì 22 marzo 2013

Olona, un fiume che difficilmente guarirà

Un'iniziativa sicuramente interessante, quella organizzata ieri da Legambiente, Parco del Medio Olona e Comune di Gorla Maggiore.
Cercando di fare una sintesi di tutte le posizioni espresse (erano presenti rappresentanti di tutti gli enti e di tutte le istituzioni locali competenti), possiamo individuare alcuni punti principali che sono stati espressi:
  • Il problema principale dell'Olona, il primo da risolvere, riguarda le infrastrutture fognarie: su un totale di 1.300.000 abitanti equivalenti, 100.000 non sono collettati e trattati. Un terzo degli impianti collettati, comunque, non funziona a dovere e di conseguenza l'UE ha già avviato 7 procedure di infrazione. Un investimento per ammodernare e rendere efficiente la rete fognaria richiederebbe un intervento di alcuni miliardi di euro, il che inciderebbe sulla tariffa dell'acqua (si è detto che non a caso in Germania questa è quattro o cinque volte maggiore).
  • Esiste ed è diffuso il caso degli scarichi in deroga nell'Olona.
  • E' necessaria anche una pianificazione territoriale di più ampio sguardo, perlomeno provinciale, introducendo norme uniformi per le reti fognarie comunali, anche a mezzo PGT;
  • I depuratori pare funzionino correttamente, ma sono tecnologicamente superati e non più adatti ad affrontare le nuove problematiche dell'Olona. Sia sufficiente pensare che i depuratori di Varese e di Cairate sono in funzione rispettivamente da 29 e 23 anni. Hanno problemi nel trattare l'azoto e non applicano la disinfezione delle acque, così come la loro filtrazione finale. Ad esempio, è previsto che in entrata la quantità di tensioattivi sia pari a 4 (non chiedetemi l'unità di misura...) e che questa sia abbattuta a 2. Il problema è che spesso la quantità di tensioattivi in entrata è pari a 8 o a 10.
  • I reati ambientali difficilmente vengono puniti efficacemente. Le pene non sono affatto severe e gli strumenti di indagine non sono adeguati. Il rappresentante della Procura di Busto Arsizio, tra le altre cose, ha sottolineato come sia fondamentale il contributo dei cittadini, delle associazioni, che svolgano il ruolo di "sentinelle" e che facciano rete.
Se qualcuno dei presenti ieri sera dovesse passare di qui, integro volentieri il post con alcune cose che sicuramente avrò dimenticato.

Detto questo, oggi è la Giornata Mondiale dell'Acqua, e verrà inaugurato l'impianto di fitodepurazione di Gorla Maggiore. L'Olona è così:


sabato 16 marzo 2013

Vincoli più stringenti alle biomasse? C'è un precedente

Durante il Consiglio Comunale del 9 marzo, le minoranze hanno presentato una mozione con la quale si intendeva mettere vincoli più stringenti alla realizzazioni di centrali a biomasse, per la realizzazione delle quali (se inferiori alla potenza di 1 Mw) ci si può avvalere di una procedura molto semplificata che esclude qualsiasi possibilità di intervento degli enti locali. La forma scelta dalle minoranze è stata quella delle "dimensioni" dell'impianto, limitando la procedura semplificata a quegli impianti di potenza inferiore a 100 Kw.

Il Sindaco ha argomentato contro tale proposta adottando come argomento più forte il fatto che si trattasse di una «istigazione al reato perché ci invitate ad andare contro le leggi dello Stato», «e potremmo denunciarvi, ma non lo facciamo, perché siamo abituati a confrontarci, a differenza dei nostri avversari politici».  

Buongiorno Solbiate risponde a tale accusa pubblicando un interessante articolo tratto da Il Sole 24 Ore che racconta una storia che potrebbe essere molto simile a quella di Solbiate, se si decidesse di porre dei limiti più stringenti alle centrali a biomasse. 

L'articolo lo trovate qui, il punto centrale è questo:
Il colpo finale arriva con la decisione dei Comuni di Montopoli e Fara Sabina di cambiare il regolamento di igiene pubblica, dopo la prima conferenza dei servizi - precisamente il 9 agosto - aumentando nel regolamento stesso le distanze rispetto a quelle evidenziate nel progetto secondo le regole vigenti. Nella parte in cui viene stabilita la distanza dalle abitazioni per gli impianti a biomassa si passa da 200 metri a 1,5 chilometri. E' la pietra tombale sul progetto. 

martedì 12 marzo 2013

La Provincia ricorre al TAR per il PGT di Solbiate

«Il messaggio che deve passare è che bisogna tenere conto delle prescrizioni degli enti superiori. Purtroppo è il primo caso, rispetto agli oltre 70 Pgt analizzati, su cui siamo constretti a intervenire con ricorso al Tar: le prescrizioni erano chiare già dai pareri in merito alla delocalizzazione dell'area industriale. Bisogna tutelare le aree agricole, in particolare il corridoio ambientale che rientra nella Rete ecologica regionale». Sono queste le parole utilizzate dall'assessore provinciale al Territorio, Piero Gasparoli - sentito da Veronica Deriu de La Prealpina - per sintetizzare il provvedimento della Giunta Provinciale con il quale si blocca il Piano di Governo del Territorio di Solbiate.

A chi si fosse perso le puntate precedenti consiglio due post (qui e qui), risalenti a un anno fa, nei quali già raccontavamo delle osservazioni molto critiche avanzate rispettivamente da ARPA e dalla Provincia di Varese. 
Il ricorso al TAR da parte della Provincia di Varese insiste in particolar modo sulla zona di trasformazione AT 4-1, situata in via dei Combattenti, tra la piazzola ecologica e gli spazi già edificati. Si tratta di una zona che il PGT voluto dall'amministrazione Melis trasforma in edificabile, scelta sulla quale la Provincia aveva espresso parere negativo, come raccontavamo un anno fa:
Nel caso del terreno di via Combattenti si fa notare che è localizzato “al di fuori del tessuto urbano, in un contesto ancor oggi connotato da elevato valore ambientale e naturale, occupando integralmente un ambito agricolo di PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), peraltro in rete ecologica regionale. Pur considerando che, salvo errata comprensione delle direttive (Direttiva 20, punto 16; Direttiva 21, punto 16; Direttiva 22, punto 16), l’attuazione di tale ambito è alternativa a quella degli analoghi ambiti di trasformazione AT 4-2 e AT 4-3, non si può in alcun modo condividere la scelta localizzativa”, dato che la zona non può “essere qualificata come ‘area ragionevolmente urbanizzabile’”.  
La delibera della Giunta provinciale ritorna precisamente su tale questione:

Preso atto che il PGT approvato ha confermato la previsione non compatibile, mantenendo la trasformabilità dell’area a fini produttivi, limitandosi a introdurre nella normativa ad essa afferente (c.d. “Direttiva 20” del DdP)  una quota percentuale di superficie “urbanizzabile”, pari al 50% della superficie territoriale dell’ambito, e due modeste prescrizioni riguardanti il ruolo del verde pubblico rispetto al mantenimento di connessioni ecologiche e la realizzazione di ecodotti, misure del tutto inadeguate a mantenere anche solo una parvenza di efficienza ecologica dell’area in questione e, in ogni caso, non rispondenti al dettato del parere espresso dalla Giunta Provinciale.
 Vista la nota e-mail in data 4 febbraio 2013 con la quale il Settore Territorio comunica di voler promuovere ricorso contro la deliberazione di cui sopra, tenuto conto:
 -        della rilevanza e della prescrittività della pianificazione provinciale e regionale rispetto alla specifica   previsione del PGT di Solbiate Olona;
 -        del mancato adeguamento al parere di compatibilità espresso dalla Giunta Provinciale;

-        della necessità di non avvallare l’atteggiamento assunto dal Comune di Solbiate Olona, onde evitare che lo stesso possa essere ritenuto ammissibile e trovare diffusione.
Viste tutte queste cose, la Giunta provinciale delibera:

1)     Di promuovere ricorso dinanzi al T.A.R. Lombardia contro il Comune di Solbiate Olona per l’annullamento, previa sospensione, della deliberazione di Consiglio Comunale n. 40 del 21 dicembre 2012 con la quale è stato approvato il Piano di Governo del Territorio.  
Questa doccia fredda è l'occasione per ricordare che il Piano di Governo del Territorio è stato adottato e approvato senza promuovere la partecipazione e la discussione con i solbiatesi, in un processo caratterizzato da continue forzature e portato all'apice quando i consiglieri comunali di maggioranza hanno disertato il Consiglio comunale che prevedeva l'adozione del PGT così da rinviarne in seconda seduta l'adozione, seconda seduta che non prevede il raggiungimento del numero legale: in questa occasione la maggioranza, con i voti contrari delle minoranze, ha adottato il PGT. 

Qui di seguito la delibera della Giunta provinciale:

domenica 10 marzo 2013

Consiglio comunale del 9 marzo 2013


Consiglio comunale decisamente in crescendo, quello di sabato 9 marzo. Partenza in sordina con l'approvazione del Regolamento per i controlli interni (strumento introdotto dalla legge per rendere più efficienti le strutture comunali «con lo scopo di combattere la corruzione o evitare che alcuni atti vengano adottati senza la necessaria lucidità ed esperienza», ha spiegato il nuovo Segretario Comunale) e una minima variante al PRG (riguardante il posizionamento di alcuni impianti tecnici della BEA e le colorazioni esterne). Si è poi passati all'approvazione del piano di emergenza intercomunale tra Solbiate e Gorla Maggiore, comuni che hanno partecipato congiuntamente ad un bando regionale e il passaggio in Consiglio comunale, ha spiegato l'assessore Caprioli, è parte della prassi; il piano conterrà un'analisi del territorio e dei rischi e, di conseguenza, tutti gli accorgimenti che il sindaco dovrà adottare. Sarà pubblicato sul sito del Comune per 30 giorni, così da poter rendere possibili osservazioni da parte della cittadinanza. Al momento, ha spiegato sempre l'assessore Caprioli, l'unico rischio rilevante per il nostro territorio è la Momentive che, però, non produce più sostanze a base di ammoniaca, e perciò il relativo raggio che descrive l'area a rischio è stato ridotto a 400 metri. La cartografia, però, non essendo aggiornata contempla ancora il rischio maggiore. Da sottolineare il fatto che l’impianto non è dismesso, quindi potrebbe comunque in futuro riattivare tale produzione. Successivamente è passato in Consiglio comunale anche il parere sull'impianto di trattamento di rifiuti industriali ELCON, progetto che insiste sul territorio di Castellanza. Il parere contrario, già passato in Giunta, è stato rafforzato dall'approvazione in Consiglio Comunale.

In questo preciso istante, al momento della discussione di due mozioni presentate dalle minoranze, il clima si è decisamente surriscaldato. La prima mozione, partendo dal presupposto della sempre maggiore diffusione di impianti a pallets in sostituzione di quelli a gas, chiedeva che la Giunta si impegnasse nel monitoraggio della qualità dell'aria a Solbiate (in collaborazione con ARPA) e nell'eseguire un censimento di tali impianti attraverso un incrocio di banche dati, così da poter fotografare la situazione attuale e, nel caso, cercare di ottenere una proiezione sia degli inquinanti che della diffusione di impianti a pallets (diffusione che, a dire delle minoranze, aumentando la domanda delle stesse porterebbe a un ribilanciamento delle accise energetiche con la possibilità che queste non siano più economiche). Il sindaco Melis ha risposto adottando diversi argomenti: 1) al momento gli impianti a pallets sono convenienti e si tratta di un modo per liberarsi dalla schiavitù di Agip e Gazprom; 2) sul sito dell'ARPA sono già disponibili dati sulla qualità dell'aria per la provincia; 3) i maggiori inquinanti, al momento, sono gli impianti a gasolio, olio combustibile, carbone e il traffico veicolare e quindi: lo svincolo di Solbiate porterà 900 auto/ora in più rispetto al traffico attuale. Quest'ultimo passaggio, forzato e scontato, sta diventando un vero e proprio tormentone. Le minoranze hanno ribattuto al punto 2) chiedendo un monitoraggio più dettagliato su Solbiate e al punto 3) è nata la solita confusione. Al momento della votazione i consiglieri di maggioranza (tranne uno che si è astenuto, Bazzani, se non erro) hanno votato in maniera compatta con la minoranza, approvando la mozione e impegnando il sindaco a monitorare l'aria di Solbiate e a eseguire il censimento degli impianti domestici. Ecco, tra il pubblico è stata percepita una certa e insolita frenesia quando si è visto l'esito della votazione. C'era chi ipotizzava, ad esempio, che i consiglieri di maggioranza si fossero confusi in blocco, pensando di approvare una proposta della Giunta, mentre la mozione era proposta dalle minoranze. La sorpresa è aumentata quando il sindaco ha abbandonato l'aula, mentre si iniziava la discussione del punto successivo, per poi rientrare e tornare su questo punto e precisare «che abbiamo votato favorevolmente a censimento tramite incrocio banche dati e controllo dell’ARPA (e non a un censimento porta a porta)».

Il clima si è ulteriormente surriscaldato quando la discussione è passata dagli impianti domestici di riscaldamento a quelli di dimensione maggiore. Alla proposta che non esiste, ma prima esisteva, di Ely. La questione è la seguente: tra le diverse versioni dei fatti e dei progetti presentati da Ely, l'ultima vorrebbe che questa trasferisse a Solbiate i suoi uffici e che intendesse alimentarli con un impianto di cogenerazione a biomasse della potenza di 200 Kwh. Le minoranze, con la mozione presentata, fanno notare che la procedura semplificata PAS, di cui può avvalersi un impianto a biomassa, prevede che una volta ricevuta l'autorizzazione alla costruzione di detto impianto non ci siano limiti dimensionali fino alla capacità di 999 Kwh. Di conseguenza le minoranze chiedono l'introduzione di norme più stringenti e vincolanti che entrino in azione nel caso in cui si intenda realizzare impianti a biomasse di capacità superiore ai 100 Kwh. La risposta del Sindaco, chiaramente contrario all'introduzione di tali norme, si è articolata su questi punti:
  1. Se Ely dovesse chiedere l'installazione di siffatto impianto, consulteremo i cittadini «tramite referendum o questionari». Argomento che non regge, data l'esistenza della procedura PAS, servendosi della quale il parere dei cittadini non conta nulla;
  2. La PAS è figlia di un decreto del 2011 voluto dal Governo Berlusconi: non si capisce come mai gli esponenti locali dei partiti che allora erano al Governo (PdL e Lega) non siano d'accordo con i vertici. Propongo di fare un sondaggio: chi ha una tessera di partito in tasca, tra membri del Consiglio e della Giunta?
  3. La richiesta di limitare a 100 Kwh la potenza degli impianti a biomasse edificabili avvalendosi della PAS è una «istigazione al reato perché ci invitate ad andare contro le leggi dello Stato», «e potremmo denunciarvi, ma non lo facciamo, perché siamo abituati a confrontarci, a differenza dei nostri avversari politici». 
  4. Non crede alla buona fede ambientalista delle minoranze, dato che hanno voluto lo svincolo. E qui si potrebbe scrivere un'opera teatrale, dato che le battute sono sempre le stesse.
La maggioranza ha quindi bocciato la mozione.

Discutendo di quest'ultimo punto si è toccata di striscio la questione del Parco di Solbiate, un'opera di compensazione per l'impatto di Pedemontana, cancellato dall'amministrazione Melis: «si tratta di uno pseudoparco, l'area verde verrà mantenuta, l'unica differenza è che non sarà attrezzata». Il problema è che quando si tratta di preservare il territorio non si è mai sufficientemente incisivi, mentre la realizzazione del Parco avrebbe effettivamente posto un limite all'urbanizzazione che, nonostante i propositi elettorali della Voce Solbiatese, non è stata bloccata ad esempio dal Piano di Governo del Territorio.

Concludendo, a me, e credo alla quasi totalità dei cittadini solbiatesi, non stupisce l'ennesimo battibecco fatto di accuse rivolte al passato, ma stupisce come queste discussioni (su proposte comunque ragionevoli - e che personalmente condivido -, come quella di chiedere norme maggiormente stringenti per la realizzazione di impianti a biomasse) si attorciglino sempre su loro stesse e sui loro protagonisti, in un dibattito del tutto autoreferenziale fatto di argomenti come «non credo agli ambientalisti a corrente alternata». In questo caso non c'era da credere proprio a un bel niente, ma da discutere senza pregiudizi su una proposta, che nell'assurdità del dibattito viene etichettata come «istigazione al reato», addirittura, richiamando ancora una volta episodi (presunte denunce) che in questo contesto assumono sempre più una dimensione personale e non politica.

Ad ogni modo spero che prima o poi supereremo anche la categoria degli «ambientalisti», con tutte le sue possibili connotazioni, per capire che bloccare il consumo del suolo, che parlare di sostenibilità ambientale, sono cose che «non fanno parte della decrescita felice [e di una visione bucolica della vita], ma fanno parte della modernità».

S.C.

venerdì 8 marzo 2013

Lo zen e l’arte della schizofrenia


di Ivan Vaghi

Questi giorni sono quelli in cui la vicinanza ideale ad alcuni aspetti delle filosofie orientali mi sta letteralmente salvando la vita. Non bastavano stelle e giaguari, doveva saltar fuori pure don Giussani. Passando per la chiusura della libreria Boragno, aggiungerei.
Il buddhismo zen propone una partecipazione attiva al mondo in cui viviamo. I nostri sforzi saranno sostanzialmente inutili ma esserne consapevoli diventa una forza. Traducendo, non c’è niente che possa deluderci. E poi ci chiediamo perché i cinesi stanno conquistando il mondo.
Torniamo in occidente e passiamo alla psicanalisi: far sedimentare nell’inconscio fatti ed emozioni che portano sofferenza alla lunga produce nevrosi, per evitarlo bisogna affrontare il problema. Far convivere Jung e zen (la libera espressione e l’inserimento della vicenda in un’ottica distaccata della nostra esperienza terrena) potrebbe quindi funzionare.
L’amministrazione di Solbiate Olona ha deciso di intitolare il centro socio culturale a don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. È una notizia che genera molte perplessità, anche perché non viene da una esigenza liberamente espressa dalla comunità solbiatese, ma dalla volontà di una sola persona, ovvero l’assessore Mario Sansalone, seguace di CL e autore della proposta di intitolazione.
Sarebbe meglio dire postulante, come si fa nelle cause di beatificazione, perché è di questo che stiamo parlando. Don Giussani è vittima di un culto della personalità generato da una setta di integralisti e affaristi (CL, ovviamente) che vede in lui il significato primo e ultimo della sua esistenza. Ma la domanda è: perché Solbiate Olona deve pagarne le conseguenze? Che la cosa insopportabile  non è l’ambizione malata di un assessore, quanto il fatto che un intero gruppo amministrativo non abbia avuto niente da obiettare.
Avevi promesso di non andare sul personale.
No, questo lo avevi promesso tu.
Comunque il problema è proprio questo: intitolare un edificio pubblico è una cosa seria, ci deve essere continuità di scopi e ideali tra la funzione dell’edificio e l’esperienza di vita della persona cui viene intitolato, ma soprattutto ci deve essere identificazione con la comunità cui l’istituzione si rivolge.
CL è nato in un liceo milanese di figli di papà, don Giussani ha raccolto intorno a sé un gruppo di studenti credenti e ha creato una organizzazione confessionale che indubbiamente ha avuto molto successo. Anche e soprattutto perché il loro concetto di “inserirsi” nel mondo è stato subito tradotto a modo loro: occupare posizioni di rilievo nel settore pubblico grazie agli amici di papà e consentirne poi l’ingresso esclusivamente ai seguaci del movimento. Praticamente un virus.
La domanda pertanto è: che senso ha l’intitolazione a don Giussani di una istituzione ricreativa e culturale solbiatese? Perché il problema non è don Giussani, quanto la sua relazione con la nostra realtà.
Il problema è proprio don Giussani, o meglio ciò che rappresenta, perché raccontiamocela giusta, l’intitolazione è per Comunione e Fatturazione, scusate, Liberazione, non per il suo fondatore. Si tratta dell’imposizione a tutta la comunità di una appartenenza che riguarda una singola persona, ottenuta con la forza bruta di una carica amministrativa. Arroganza tipica di CL.
L’altro punto non chiaro è perché a Solbiate tutto quanto o quasi deve essere intitolato a una autorità religiosa. Le istituzioni pubbliche sono e rimarranno laiche e se a Solbiate non riusciamo a trovare dei laici significativi non è che dobbiamo ricorrere per forza a religiosi non solbiatesi solo perché i nostri li abbiamo finiti. Che poi, se proprio vuoi fare una cosa del genere, ci sarebbe moltissimo cui attingere, personalità che hanno significato qualcosa di importante per tutti e non solo per i seguaci di un singolo movimento molto chiacchierato.
Purtroppo ai solbiatesi piace un sacco identificarsi con le autorità religiose, è come una droga, basta che vedono la parolina “don” davanti e non capiscono più niente. In questo come dar torto all’amministrazione? Però potevano essere più creativi, che so, potevano intitolare il centro a Don Lurio facendolo passare per il beato protettore dei ballerini. Che in un teatro ci sta bene. 

giovedì 7 marzo 2013

mercoledì 6 marzo 2013

Centro Socioculturale «Don Giussani»

La Voce Solbiatese, maggioranza che "amministra" Solbiate Olona, [...] con delibera GC 17/2013 decide di intitolare il Centro Socioculturale Solbiatese a Don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione.
La notizia viene data da Iniziativa21058, e mi unisco alla semplice domanda che l'associazione pone: perché intitolare il Centro Socioculturale di Solbiate a Don Giussani?

martedì 5 marzo 2013

Comunque andrà a finire


 Tutta questa situazione complicata che stiamo vivendo avrà senso solo se riusciremo a imparare qualcosa. Di solito si impara dagli errori e quelli, grazie a Dio, non sono certo mancati.
Ovviamente sto parlando dei partiti ormai definiti “tradizionali”, resi obsoleti nel giro di due giorni di elezioni da un movimento (anzi, MoVimento) che mica è stato lì a fare promesse di mirabolanti restituzioni di tasse e nemmeno ha portato dei felini in tintoria, non ha neppure fatto strani calcoli di alleanze prima delle elezioni eppure è risultato l’unico vero vincitore delle elezioni, sempre che ce ne sia stato uno. Fu vera gloria? O meglio, è tutto oro quello che luccica? Ovviamente no, per un sacco di motivi, ma il peggiore errore che si possa fare ora (da aggiungere a quelli precedenti) è sbolognare questa incredibile esperienza elettorale dei 5 stelle come qualcosa di estemporaneo, non riproducibile, destabilizzante, estraneo e pericoloso. Perché non lo è. Quello che bisogna fare è riconoscere nell’essenza del movimento (non nei singoli protagonisti perché sarebbe veramente molto ma molto difficile) le novità positive e, consentitemelo, rivoluzionarie di cui si è fatto portavoce. Forse non era così difficile costruire una campagna elettorale su quello che tutti i cittadini si aspettavano di sentire, cioè abolizione dei privilegi dei politici, leggi sul conflitto di interessi, leggi sul finanziamento dei partiti, attenzione massima ai problemi ambientali e così via. Questioni talmente banali che nessuno, a parte loro, aveva pensato potessero essere degni di attenzione. Non era neppure necessario essere dei geni della comunicazione, bastava ascoltare la gente.
La cosa però più interessante è quella che ha detto Vito Crimi, neo capogruppo alla Camera dei grillini: “voglio essere un connettore di intelligenza collettiva”. Il concetto dell’intelligenza collettiva è molto semplice: nessuno può sapere tutto, nemmeno di argomenti specifici, però molta gente può sapere qualcosa e la può mettere in condivisione per riuscire, tutti insieme, a risolvere i problemi. Progetto ambizioso, inevitabilmente rivoluzionario, ma già in atto in molti settori all’interno delle comunità virtuali. Perché quindi non trasferirlo sul piano politico? Chiaro che le possibilità che si realizzi, oggi, in Italia, sono nulle, però ora abbiamo un parlamentare (almeno uno) che conosce questa possibilità e (speriamo) se ne farà carico. Dubito che riuscirà a combinare qualcosa entro i suoi due mandati (anche perché temo che il primo durerà davvero poco), soprattutto se non vorrà collaborare con nessuna forza di governo come ha già dichiarato. Ma è il nuovo millennio che entra nel Parlamento italiano, non possiamo fare finta di niente o saranno altri ritardi che si accumulano. Sarà altro divario che andrà ad aggiungersi a quello enorme che già esiste tra la “classe” (o casta, siamo in tema) e il mondo reale. Che non è quello degli otto milioni e passa di elettori che hanno votato Grillo (sì, perché hanno votato lui, mica Crimi), ma è comunque il mondo reale.
Per cui, grandi uomini, smettetela di fare gli schizzinosi con la puzza sotto il naso e cercate di capire che cosa si può imparare da questa esperienza. Comunque andrà a finire.
Detto questo ci sono tante cose del Movimento 5 stelle che proprio non sopporto.

Ivan Vaghi